Sezione di Bergamo
La Sezione di Bergamo ha avuto l’onore di avere come gradito ospite nazionale il Responsabile della CAN B Emidio Morganti che insieme all’amico e maestro Domenico Messina, hanno tenuto una lezione a tutti gli arbitri appartenenti alla sezione.
Nel suo intervento ha voluto passare in rassegna alcuni aspetti della vita arbitrale, dalla designazione, alla preparazione della gara, fino ad arrivare allo svolgimento della stessa.
Un buon arbitro deve saper vivere tutte queste fasi con emozione, che insieme alla passione, sono il motore di ogni attività, senza però lasciarsi prendere dall’emotività e dalla paura di non farcela.
La preparazione di chi scende in campo, inizia la settimana prima con la designazione, che una volta ricevuta non deve essere occasione di confronto con le designazioni altrui o con i propri progetti, che a volte sono limitati e non hanno lo stesso sguardo ampio del designatore, ma deve essere motivo di costanza e impegno per essere all’altezza della mansione affidata.
Il secondo passo è scendere in campo, in cui assume una particolare centralità la postura con cui si indica, si comunicano ai calciatori e al pubblico le proprie decisioni: da qui passa molto della credibilità e dell’efficacia di un arbitro, che non può essere infallibile ma deve essere credibile anche nelle sue incertezze, perché una volta presa una determinata decisione, non si può tornare indietro ma occorre trovare il modo di farla passare agli altri attori, in modo tale che questi la accettino. Anche in caso di errori, non si può restare a pensare a questi, ha sottolineato Morganti, ma occorre scrollarseli di dosso, per permettere a se stessi, di continuare la gara con serenità.
In campo, occorre mostrare gli spigoli, cioè farsi conoscere dai calciatori in maniera adeguata, per farsi rispettare, per risultare accettati ed autorevoli, senza essere autoritari ma facendosi conoscere giusti.
Una volta indossata la divisa, ha proseguito Morganti, si è sotto i riflettori, ma occorre allontanare le paure, le critiche non costruttive, perché si è come tori in mezzo ad un’arena, ma, con una particolarità: tutti parlano di tori ma solo uno li affronta; tutti urlano, criticano, insultano, ma solo l’arbitro, in campo, affronta tutti cercando di fare bene, di prendere nel minor tempo possibile le decisioni più corrette, di gestire i ventidue calciatori in campo, unitamente ai loro allenatori e dirigenti, sopportando le urla degli spettatori.
La medaglia per un arbitro non è prevista, l’elogio assai raro, ma ogni arbitro sa che la Sezione è la sua medaglia, il luogo in cui crescere, confrontarsi, superare le difficoltà e festeggiare i propri traguardi: una seconda casa per tutti, una casa accogliente in ogni situazione, perché lì incontri la solidarietà arbitrale, cioè la consapevolezza che la domenica, in campo, tutti abbiamo lo stesso obiettivo, tutti siamo nello stesso solco, sia che scendiamo in campo a San Siro, in Serie A, sia che siamo da soli in un campo di periferia.
L’augurio con cui Emidio Morganti ha chiuso il suo intervento è stato quello di prendere il proprio limite e porselo davanti come un orizzonte; più ci si avvicina ad esso, più esso retrocede, in modo che si possa continuare a correre, mossi dalla passione, perché senza di essa, non si può fare nulla!
Nelle fotografie l'intervento di Emidio Morganti, del Componente del Comitato Nazionale dell'AIA Alberto Zaroli e di Domenico Messina.
(aut. Tribunale di Roma n. 499 del 01/09/1989)