Copelli: “Ogni arbitro ha la sua serie A”

Sezione di Jesi

Copelli: “Ogni arbitro ha la sua serie A”"Cosa hanno in comune un arbitro di serie A e un arbitro del settore giovanile? La passione". Così l'incipit di Cristiano Copelli, componente della Commissione Arbitri Nazionale Serie B e ospite della sezione di Jesi martedì 10 aprile. Copelli ha lasciato tutti senza fiato, ricordando ai presenti quale sia il vero motore che spinge un arbitro a entrare in questo mondo e rimanervi. Tanto che a suggellare le sue parole e ad aprire la riunione c'è stata la consegna di una pergamena all'associato Giuseppe Santarelli, che nel 2018 ha festeggiato i 50 anni di tessera, dimostrando che la passione per l'arbitraggio può durare per sempre.
Cristiano Copelli, sezione di Mantova, classe 1967, è stato assistente internazionale, calcando palcoscenici illustri e importanti: molti ricordano la finale di Europa League nel 2010 o i mondiali in Germania nel 2006.
Avvicendato per limiti di età, non si è fermato, perché nell'AIA dopo ogni dismissione c'è sempre un nuovo esordio, in un'altra veste, in un altro ruolo, con altre responsabilità, e dal 2013 è stato prima componente della CAN D e poi della CAN B. Anche adesso lavora in terna, ma con un altro incarico, quello del dirigente, che forma, motiva, sprona e guida arbitri assistenti e osservatori arbitrali in organico in CAN B.
Per Cristiano però, come per tutti coloro che vivono questo mondo, non c'è niente di più stimolante nell'arbitraggio che la passione, la dedizione completa al ruolo che sta ricoprendo: e questo vale sia per l'arbitro di serie A che per il ragazzo del settore giovanile.
Le due figure, nonostante le dovute differenze, sono perfettamente sovrapponibili: entrambe parlano la stessa lingua, fatta di gestualità, comunicazione visiva, interpretazione e rispetto delle regole del gioco e vivono nello stesso mondo, con colleghi più anziani da cui attingere segreti e colleghi più giovani a cui dispensare consigli.
Gli arbitri lavorano sodo per raggiungere il proprio obbiettivo, con spirito di sacrificio si preparano atleticamente per sostenere i test atletici, con studio costante si aggiornano continuamente per essere al massimo dell'efficienza nella gara, parlando coi colleghi fanno autocritica per gli errori commessi, senza creare alibi per immotivate giustificazioni.
Entrambe vivono le stesse “emozioni”.
La tensione pre-gara, che fa salire l'adrenalina e che fa scattare al massimo la concentrazione, la pressione dei mass media, del pubblico, dei calciatori, che mettono alla prova, che sfidano, che testano il ragazzino al debutto e il decano della serie A. Entrambe vivono di ambizioni, le stesse che ognuno di noi ha sul lavoro, a scuola, nella vita; entrambe vivono di passione, che ha quel magico potere di non far sentire la pioggia gelida d'inverno o il caldo asfissiante del sole a mezzogiorno, che rende più invitante una partita in notturna che una serata in discoteca, che la domenica fa preferire la compagnia di colleghi di tutta Italia che quella degli amici al bar.
Perché la vita di un arbitro, noto o meno noto che sia, non si limita alla performance di 90 minuti: guai limitarla a quella!
La vita dell'arbitro va ben oltre.
È lavoro e sacrificio. È voglia di confrontarsi, cadere e rialzarsi. È mettersi in discussione e non scoraggiarsi. È credere nelle proprie risorse e scoprirne di nuove. È essere consapevoli del proprio operato e accettare le sfide, senza il bisogno di dimostrare niente a nessuno, senza fischietto o cartellini, perché "quelli servono a chi gli arbitri non li conosce. Agli arbitri occorre la preparazione. La competenza. Il rispetto. E l'umiltà. E ogni arbitro avrà la sua serie A".

Supplemento on-line della rivista "L'Arbitro"
(aut. Tribunale di Roma n. 499 del 01/09/1989)
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