Caltanissetta
I gesti di inciviltà possono far davvero tanto male allo sport. Si ci metta nei panni di un familiare nel momento che riceve la notizia dell’aggressione subita da un collega del figlio arbitro, magari minorenne e con le fragilità tipiche dell’età adolescenziale: mai un genitore potrebbe restare impassibile a un episodio del genere, che oltre all’eventuale danno fisico rischierebbe di traumatizzare psicologicamente il proprio ragazzo se gli capitasse una cosa simile.
Quanto accaduto nei giorni scorsi in Sicilia è la pura testimonianza di ciò. Parliamo di un gruppo di genitori che stavano facendo dimettere in massa i figli arbitri dopo aver appreso di alcune aggressioni a direttori di gara. Immediato però il loro passo indietro una volta persuasi dai dirigenti arbitrali del posto, che gli hanno presentato l’ambiente che frequentano i propri ragazzi e le varie attività che svolgono, riuscendo a trasferirgli questo concetto: fare l’arbitro vale davvero la pena, a prescindere dal gesto vile di qualche sprovveduto, casi comunque molto rari rispetto al numero delle partite che si disputano nella settimana.
Gli attori della vicenda sono stati i familiari di associati alle prime armi, appartenenti alla Sezione di Caltanissetta. A farli legittimamente preoccupare qualche episodio di violenza nelle battute iniziali dei campionati. Poi, il 31 ottobre, la goccia che ha fatto traboccare il vaso, l’aggressione del giovane fischietto Samuele Surrusca a Montedoro, campo di Terza Categoria, che ha avuto rilevante attenzione mediatica.
“Ciò potrebbe accadere anche ai nostri figli già bersagliati da insulti”, è stata la preoccupazione di alcuni. Da qui, dopo un confronto tra loro, la presa di posizione estrema di far dimettere dall’AIA i propri ragazzi, comunicata al Responsabile del Corso Nazionale della Sezione nissena, Andrea Calì. Decisione naturalmente rispettata dalla dirigenza, ma con la preghiera di precedere alla formalizzazione delle dimissioni una visita nella sede arbitrale di Caltanissetta.
Si sono così ritrovati a confrontarsi, lo scorso 15 novembre, una quindicina di familiari con la dirigenza locale guidata dal Presidente sezionale Mimmo Amico. I primi hanno di nuovo esposto le loro ragioni alla base della decisione, gli episodi di violenza e gli insulti. Pronta e convincente la risposta, dopo la visita guidata tra le stanze delle varie attività, comprese la sala riunioni a quella ludico – ricreativa, i luoghi di aggregazione: “Qui accogliamo i vostri figli, che fanno amicizia e si scambiano esperienze. Insieme svolgono anche sana attività sportiva, allenandosi durante la settimana per prepararsi alla gara”, ha riferito il Presidente Mimmo Amico.
Amico ha fatto vedere anche le coppe vinte dalla squadra di calcio sezionale ai tornei nazionali tra associati AIA, frutto in un forte affiatamento di gruppo e della grande passione che accomuna i suoi ragazzi. Ha infine ricordato altre iniziative nell’ambito del sociale, tra cui la donazione del 25 gennaio 2020 di una somma, di un carrello per il trasporto dei neonati e di alcuni peluche alla Pediatria dell’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta.
Praticamente ha fatto vedere come si adopera una Sezione AIA per far crescere i propri tesserati, come li forma, le opportunità che offre, la possibilità di fare sport, come li sensibilizza alle iniziative sociali. Ovvero come li aiuta a maturare, a farli diventare uomini, rammentando inoltre che oggi anche chi alza un solo dito contro un direttore di gara subisce una gogna mediatica, forse il miglior deterrente contro le aggressioni sui campi, insieme alle pesanti sanzioni sportive e soprattutto penali.
Opera di persuasione che ha sortito gli effetti sperati; alla fine nessuno dei genitori ha fatto dimettere i propri figli dall’AIA, che hanno perfettamente afferrato questo concetto: nelle Sezioni arbitrali i giovani sono in buone mani.
“Il confronto è stata la migliore arma contro un’informazione solo parziale dei familiari su ciò che fanno i loro ragazzi in ambito arbitrale, la cui crescita è l’obiettivo che abbiamo anche noi dirigenti arbitrali. Purtroppo esiste il rischio di episodi di violenza, ma ciò si potrebbero verificare anche in altri contesti, con la differenza che se accadono nel nostro ne veniamo a conoscenza, dandoci la possibilità di intervenire con tempestività; altrove i ragazzi possono tenersi pericolosamente dentro, ad esempio, gesti di bullismo”. Questa la chiosa finale del Presidente della Sezione di Caltanissetta, Mimmo Amico.
(aut. Tribunale di Roma n. 499 del 01/09/1989)