I nuovi CRA - Trento - Daprà:“Un approccio integrato per far crescere i giovani arbitri”

I nuovi CRA - Trento - Daprà:“Un approccio integrato per far crescere i giovani arbitri”

CPA Trento

Entrato nell’Associazione nel 1980, dal 2015 Giorgio Daprà è tornato alla guida del Comitato Provinciale Arbitri di Trento, organo nel quale aveva già ricoperto in passato il ruolo di Vicepresidente e Presidente, dopo una lunga carriera da arbitro che lo ha portato a dirigere gare di serie D e dopo aver mosso i primi passi da dirigente e osservatore nella Sezione di Trento. Ingegnere informatico, da 35 anni lavora per un’azienda trentina che sviluppa prodotti e servizi per amministrazioni pubbliche e imprese che operano in Italia e all’estero. Giorgio, padre orgoglioso della figlia specializzanda in medicina, quando ha tempo libero legge e si dedica al bricolage.

Al settimo anno di mandato, quali sono state le tue maggiori soddisfazioni da Presidente del CPA?

“In questi anni, insieme ai miei Collaboratori ho lottato contro un’inerzia diffusa che spesso portava gli associati a restare in provincia, ho anche puntato ad alzare il livello tecnico per arbitri e assistenti. Credo che i passaggi alle categorie nazionali di questi ultimi anni siano piccole scommesse vinte, conferme del fatto che la strada che abbiamo intrapreso è quella giusta”.

Come interpreti il tuo ruolo settimana dopo settimana?

“Penso che il senso del mio lavoro sia quello di accompagnare i giovani a maturare come arbitri e come persone, mettendo a disposizione l’esperienza e imparando ad ascoltarli. Questo non è un compito facile, dal momento che richiede un confronto costante con le nuove generazioni. Per far crescere le persone e il gruppo, è necessario mettere in pratica coerenza e correttezza per riconoscere i meriti e i talenti, ma anche per segnalare le difficoltà e i limiti: uno dei compiti più difficili per me è dire tanti no”.

Quali sono i punti di forza e di debolezza della tua generazione di arbitri e di quella che hai il compito di valutare oggi?

“Quando arbitravo, nella nostra realtà periferica non ci veniva insegnato l’arbitraggio in maniera sistematica, ma apprendevamo sul campo. Chi ci valutava dopo un certo livello guardava ai criteri FEAT (fisico, estetico, atletico e tattico) ed erano necessari equilibrio e forza di volontà per emergere. Oggi i giovani arbitri hanno un ottimo supporto didattico e sono forti fisicamente nonchè tatticamente, ma spesso fanno fatica a raccogliere le sfide e a mettere a frutto il loro talento. Per questo penso che sia necessario essere un po’ psicologi per poterli sostenere”.

Com’è cambiata l’AIA negli ultimi quarant’anni e qual è la sfida prioritaria per i prossimi anni?

“Sicuramente oggi abbiamo un’Associazione più trasparente e meritocratica del passato, che si è ben strutturata e aperta alla società. Una sfida cruciale è quella culturale: dobbiamo scrollarci di dosso l’etichetta di Calimero del calcio, per proporre ai giovani un modello che abbia pari dignità rispetto a quello dei calciatori o degli allenatori. Dobbiamo far passare il messaggio che abbiamo il diritto di sbagliare e riportare il rispetto al centro della cultura calcistica. In questa prospettiva, penso che l’iniziativa del doppio tesseramento sia una misura importante”.

Se guardi al futuro, quali sono i nuovi orizzonti per il CPA di Trento?

“Per quanto riguarda la gestione del CPA, abbiamo bisogno di formare buoni dirigenti, abbandonando l’idea un po’ ingenua che chiunque abbia arbitrato in categorie nazionali sia adatto a ricoprire questo ruolo. Nella squadra servono competenze che si ottengono con un passato tecnicamente importante e con l’impegno associativo, maturato con il lavoro per la propria Sezione: per la formazione dei giovani serve un approccio integrato; dobbiamo essere tecnici preparati, ma anche motivatori.

Per quanto riguarda il nostro contributo allo sport trentino, è necessaria una maggiore integrazione con gli altri attori del sistema del calcio locale, per ottenere riconoscimento e rispetto nonchè influire sulle decisioni rilevanti. Le caratteristiche del nostro territorio e della nostra comunità richiedono valutazioni attente sulle scelte dei luoghi e dei tempi per lo svolgimento dei Campionati di Calcio a 11 e Calcio a 5, ma anche la promozione di eventi sportivi importanti. Per poter svolgere al meglio il nostro compito, dovremmo essere inclusi nella pianificazione in maniera più sistematica. La burocrazia e i tanti vincoli non ci facilitano in questo, ma ci sono già stati esperimenti proficui di collaborazione con il Comitato della Figc e con le società”.

Per finire, parliamo del tuo futuro. Quali sono i tuoi piani per quando terminerai l’incarico di Presidente?

“Sarò sempre al servizio dell’AIA. Se potrò farlo, tornerò al ruolo di osservatore, che ho ricoperto fino al 2015 nella Commissione Osservatori Nazionale Professionisti, dove credo di poter dare ancora qualcosa. Mi piace osservare gli arbitri in campo e comunicare con loro, non solo per dare un giudizio, ma anche per comprendere le loro scelte e capire come ragionano in campo”.

Supplemento on-line della rivista "L'Arbitro"
(aut. Tribunale di Roma n. 499 del 01/09/1989)
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