Sezione di Este
Daniele Chiffi, internazionale della Sezione di Padova, e Antonio Andreucci, allenatore dell’Union Clodiense, squadra veneta che milita in Serie D, sono stati i due protagonisti del Convegno "FAIR PLAY - Lo sport come palestra di vita" che si è tenuto presso l'Aula Magna dell'ex Collegio Vescovile di Este. L'incontro, organizzato dall’Amministrazione Comunale in collaborazione con l'Associazione Italiana Arbitri Sezione di Este ha visto circa duecento partecipanti, tra cui numerosi i giovani, ma anche tanti “addetti ai lavori” del mondo dello sport.
Dopo i saluti istituzionali ha preso la parola il Presidente della Sezione di Este, Ilie Rizzato, che ha aperto la discussione in qualità di moderatore sottolineando come “L’AIA è sempre in prima fila quando si tratta di regole e di giovani”. Il primo intervento è stato del mister Andreucci: “Le regole sono un aspetto fondamentale del gioco di squadra, ci consentono di fare qualcosa di difficile perché non c’è convivenza senza regole e i ragazzi le devono seguire fin da inizio Stagione. Cerco sempre di farle rispettare perché così li rendo consapevoli, in grado di capire cosa dovranno fare durante il Campionato”.
Sullo stesso tema delle regole all’interno di un gruppo è intervenuto Daniele Chiffi: “Ci sono regole che possono essere più o meno stringenti, ma nello sport cambia totalmente perché subentra il concetto di squadra in cui è fondamentale darsi delle norme. Anche gli arbitri di serie A si danno delle regole all’interno del gruppo. Forse si pensa che non sarebbe necessario dire ad un arbitro di arrivare puntuale, ma, per esempio, ci automultiamo se arriviamo tardi ai raduni. Più il gruppo è ampio più servono direttive per autoregolamentarsi, per essere squadra”.
Il dibattito è scorso via veloce e Antonio Andreucci ha affrontato anche l’aspetto psicologico dell’applicazione delle regole: “Se affronto certi giocatori davanti a tutto il gruppo, loro non ascoltano più e se la prendono con me per come comunico. Allora li prendo, li porto nello spogliatoio e faccio capire loro che se tutti si comportassero in quel modo,non esisterebbe più la squadra e non sarebbero più un esempio per gli altri. Ognuno ha la sua psicologia, tutti parliamo di gruppo, ma io direi che bisogna parlare di squadra. Dal gruppo esce il peggio di noi, dalla squadra invece no e certi ruoli pretendono rispetto”.
Sullo stesso tema Daniele Chiffi ha introdotto il concetto di squadra arbitrale: “Anche per noi arbitri l’obiettivo è quello di passare dal gruppo alla squadra. Ci vuole tempo e qualcuno che indirizzi. Le regole servono quindi per focalizzare il traguardo comune, per sposare la causa. Ci sono arbitri nuovi, arbitri che terminano il loro percorso, il gruppo con il tempo cambia, ma l’obiettivo è quello di far sì che le persone nuove si inseriscano nel gruppo e diventino squadra perché quando si è sposata la causa, allora paradossalmente la regola non serve più in quanto tutti sanno ciò che è giusto fare e come ci si deve comportare”.
“Le regole che un arbitro impone sono necessarie - ha sottolineato il mister Antonio Andreucci - gli arbitri vengono per farci giocare. È una grande opportunità perché se nella squadra poi c’è stima, nasce un’amicizia che dura tutta la vita”.
La chiusura della serata è stata di Daniele Chiffi: “Si pensa che gli arbitri siano una cerchia ristretta ed inavvicinabile. Questa sera dal dibattito ci siamo accorti che tanti concetti che valgono per i calciatori valgono anche per gli arbitri, perciò non vediamoci come persone sole, anche noi viviamo in una squadra che vuole andare nella stessa direzione. Avvicinando questi due mondi possiamo fare ancora tanto nel rispetto di regole e ruoli. Sul terreno di giuoco siamo tutti parte dello stesso spettacolo”.
(aut. Tribunale di Roma n. 499 del 01/09/1989)