Una curiosa designazione: l’esperienza di una terza categoria in carcere

Una curiosa designazione: l’esperienza di una terza categoria in carcere

Sezione di Bassano del Grappa

La partita “Lamonese – Polisportiva Pallalpiede”, valida per il Campionato di Terza Categoria, non si è disputata sulle montagne bellunesi, bensì in Via Due Palazzi a Padova. Non si trattava di una qualsiasi inversione di campo: com’è noto l’indirizzo corrisponde alla casa di reclusione della Provincia. 

La società “Polisportiva Pallalpiede” ha fra i suoi giocatori e membri dello staff alcuni dei detenuti del carcere patavino e partecipa, anche se fuori classifica, al Girone A della suddetta categoria. L’inversione di campo è sempre necessaria per le loro partite visto che i calciatori non possono uscire dal carcere e devono quindi giocare sempre in casa. Questo progetto costituisce un’importantissima iniziativa sul territorio: permette ai ragazzi della struttura di praticare l’attività sportiva e, in particolar modo, di fare squadra, guidati dai sani valori che il calcio, quello vero, insegna. 

Andrea Carli, il giovane arbitro chiamato a dirigere la gara, ha raccontato: “Il campo di gioco è situato all’interno della struttura circondariale e per accedervi la procedura è tutt’altro che semplice. Il designatore ha inviato i miei dati personali al carcere in modo che potessero effettuare dei controlli; una volta varcati i cancelli è stato necessario consegnare gli oggetti personali, in particolare il telefono e tutto è stato controllato al metal detector. Dopo aver superato un’infinita serie di cancelli e porte, sempre scortato dalle guardie, ho raggiunto il terreno di giuoco. La partita si è svolta con grande agonismo ed intensità, ricca di episodi e con grande sportività da parte delle due squadre. Il risultato finale è stato di 1 a 1 caldamente festeggiato dai tifosi presenti, prevalentemente forza pubblica e altri detenuti. Osservare la gioia nei loro volti a fine partita è stato veramente edificante: sensazione difficile da provare in altre partite dirette”.

Andrea Carli ha proseguito dicendo: “Non è stato facile convivere con l’alto muro perimetrale del carcere che correva lungo due lati del recinto di gioco: la soggezione era molta, impossibile dimenticare, anche a partita in corso, dove si stava giocando. Ho scherzosamente pensato che la tecnologia VAR dei campi di Serie A può solo invidiare le numerose telecamere di sorveglianza a circuito chiuso dell’edificio: peccato non averla utilizzata ai fini tecnici”.

L’intensa emozione è stata descritta da Andera Carli come “Molto positiva e molto sensibilizzante alle problematiche relative alla reintegrazione sociale dei detenuti. Non dobbiamo dimenticare che i reclusi sono individui al nostro pari e che molte delle loro situazioni non sono dei fallimenti personali, è la società ad aver fallito, la stessa non può quindi abbandonarli nuovamente al loro destino, ma deve prodigarsi per rieducare e reinserire al suo interno i ragazzi. Polisportiva Pallalpiede fa propria questa filosofia e la traduce in fatti concreti da ormai molti anni. Sono lieto di aver avuto l’opportunità di contribuire, anche se in maniera ridotta, a questa importantissima attività”.

 

Supplemento on-line della rivista "L'Arbitro"
(aut. Tribunale di Roma n. 499 del 01/09/1989)
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